Come seconda informazione su di me e su ciò che mi piace, vi presento una mia foto in costume medievale, durante una rievocazione storica in Sicilia, nell'estate 2007, e vi parlerò della mia prima pubblicazione, dal titolo:
"Incontriamoci all'Inferno" Parodia di fatti e personaggi della Divina Commedia di Dante Alighieri - Edizioni Pendragon 2007
Per farlo vi propongo la prefazione del libro stesso, a cura del prof. Gianfranco Lauretano, buona lettura.
L’opera di Dante Alighieri, soprattutto la “Commedia”, ha sempre ispirato (e forse ispirerà sempre) una varietà sorprendente di letture e d’approcci. Ciò rivela probabilmente l’essenza della poesia e della parola stessa dell’uomo che, quando è vera, si mostra inesauribile e di una possibilità infinita di rilettura. Il taglio scelto da Cinzia Demi è quello dell’interpretazione demitizzante; la seriosità della Commedia (ma ancor più facilmente di certi miti danteschi creati dalla critica e dalla pedante lettura scolastica del poema) vengono via via smantellati dalla lettura ironica e realistica dell’autrice: in uno dei brani più riusciti, ovviamente quello di Beatrice, si invita addirittura Dante a far meno parole e a passare ai fatti! Cinzia, insomma, tratta il poeta con amicizia ironica e concreta, femminile e toscana insieme, rivoltando letteralmente la frittata attraverso vari espedienti, non ultimo -e forse è questo il dispositivo più raffinato- col prendere alla lettera e sul serio le rappresentazioni offerte dal sommo poeta; è in questo modo, ad esempio, che spinge Caronte a chiedere di andare in pensione, dopo anni trascorsi nella noia di traghettare avanti e indietro le anime, lui che voleva diventare ammiraglio.
A ben guardare, però, i racconti in versi di questa poetessa non tolgono proprio nulla a Dante. Anzi, aggiungono. La visione ironica, infatti, è una possibilità in più dell’intelligenza, uno sguardo distaccato ma non distanziato, la ricerca di una visione integrale di un fatto o un’opera che non escluda nulla e che, proprio nell’esserne distaccato, è pronta a tutte le suggestioni e persino ai suggerimenti di verità che dall’oggetto stesso possono giungere. Tant’è vero che le poesie di Cinzia Demi non vanno contro Dante, ma sembrano ricalcarne le forza, la toscanità e perfino l’ironia da cui non è certo esente la “Commedia” stessa, ad iniziare proprio dal suo titolo. L’ironia insomma è parte costitutiva dell’opera di Dante; canzonarla sembra più un omaggio, un mettersi sulla scia ascoltandone gli infiniti magnetismi che un prenderne le distanze o, addirittura (sarebbe una presunzione assolutamente estranea allo spirito dell’autrice e di questo libro) un tentativo di smontaggio.
Al contrario, questi testi potrebbero essere un aiuto alla lettura della “Commedia”. Anzitutto per comprenderli occorre ben conoscerla, tanto è fitto il riferimento, alto il numero delle citazioni e continuo il rimando alle situazioni riprese nelle singole poesie, opera evidentemente di una lettura amorevole e assidua. Inoltre l’organizzazione del libro è un aiuto considerevole che porta immediatamente a far mente locale all’opera dantesca, coi suoi riferimenti ai personaggi e alle situazioni note che andiamo a ripescare in qualche reminescenza scolastica o recente lettura o ascolto di una lettura altrui. La struttura dei capitoli si basa principalmente sui personaggi (ma c’è anche un passaggio sul tema degli ambienti), confermando la sostanza principale della “Commedia” che è un racconto d’incontri. Ai personaggi viene data voce singolarmente oppure vengono presentati assieme in un “contrasto” -e interviene allora anche Dante stesso che è in fondo un personaggio della sua opera, anzi il protagonista. Spicca la presenza di due capitoli iniziali dedicati agli uomini e alle donne, con la proposta di un divertente macro-contrasto tra femmine e maschi, in cui a rimetterci è sempre e comunque il povero Dante.
Infine un’annotazione sulla lingua in cui queste poesie sono scritte. Si tratta infatti di un toscano moderno, come quello che si sente da quelle parti e probabilmente nella sfumatura della costa, della zona di Piombino, luogo di nascita dell’autrice stessa (ma non saprei dirlo con precisione, non conoscendo le varietà della parlata toscana). Questo è insomma un libro scritto in tutto e per tutto in volgare, anzi in neo-volgare, come si suole talvolta definire oggi il dialetto. Il che dà alla lettura un colore divertente e sanguigno, come avviene per effetto della vicinanza con l’oralità, costantemente cercata da Cinzia Demi nonostante l’uso convinto di una metrica sodale con quella dantesca e del buon orecchio musicale, sciolto e ritmico dell’autrice stessa. E, infine, si potrebbe considerare anche questa lingua una citazione dantesca. Così come a noi i testi di questo libro paiono vivi e toscanamente robusti, ironici e simpatici, pungenti e bruschi, la stessa aria dovevano avere i canti di Dante per quel popolo che tanto lo ama e l’ha amato, mandandone a memoria tanti versi per tanti secoli.
Gianfranco Lauretano
L’opera di Dante Alighieri, soprattutto la “Commedia”, ha sempre ispirato (e forse ispirerà sempre) una varietà sorprendente di letture e d’approcci. Ciò rivela probabilmente l’essenza della poesia e della parola stessa dell’uomo che, quando è vera, si mostra inesauribile e di una possibilità infinita di rilettura. Il taglio scelto da Cinzia Demi è quello dell’interpretazione demitizzante; la seriosità della Commedia (ma ancor più facilmente di certi miti danteschi creati dalla critica e dalla pedante lettura scolastica del poema) vengono via via smantellati dalla lettura ironica e realistica dell’autrice: in uno dei brani più riusciti, ovviamente quello di Beatrice, si invita addirittura Dante a far meno parole e a passare ai fatti! Cinzia, insomma, tratta il poeta con amicizia ironica e concreta, femminile e toscana insieme, rivoltando letteralmente la frittata attraverso vari espedienti, non ultimo -e forse è questo il dispositivo più raffinato- col prendere alla lettera e sul serio le rappresentazioni offerte dal sommo poeta; è in questo modo, ad esempio, che spinge Caronte a chiedere di andare in pensione, dopo anni trascorsi nella noia di traghettare avanti e indietro le anime, lui che voleva diventare ammiraglio.
A ben guardare, però, i racconti in versi di questa poetessa non tolgono proprio nulla a Dante. Anzi, aggiungono. La visione ironica, infatti, è una possibilità in più dell’intelligenza, uno sguardo distaccato ma non distanziato, la ricerca di una visione integrale di un fatto o un’opera che non escluda nulla e che, proprio nell’esserne distaccato, è pronta a tutte le suggestioni e persino ai suggerimenti di verità che dall’oggetto stesso possono giungere. Tant’è vero che le poesie di Cinzia Demi non vanno contro Dante, ma sembrano ricalcarne le forza, la toscanità e perfino l’ironia da cui non è certo esente la “Commedia” stessa, ad iniziare proprio dal suo titolo. L’ironia insomma è parte costitutiva dell’opera di Dante; canzonarla sembra più un omaggio, un mettersi sulla scia ascoltandone gli infiniti magnetismi che un prenderne le distanze o, addirittura (sarebbe una presunzione assolutamente estranea allo spirito dell’autrice e di questo libro) un tentativo di smontaggio.
Al contrario, questi testi potrebbero essere un aiuto alla lettura della “Commedia”. Anzitutto per comprenderli occorre ben conoscerla, tanto è fitto il riferimento, alto il numero delle citazioni e continuo il rimando alle situazioni riprese nelle singole poesie, opera evidentemente di una lettura amorevole e assidua. Inoltre l’organizzazione del libro è un aiuto considerevole che porta immediatamente a far mente locale all’opera dantesca, coi suoi riferimenti ai personaggi e alle situazioni note che andiamo a ripescare in qualche reminescenza scolastica o recente lettura o ascolto di una lettura altrui. La struttura dei capitoli si basa principalmente sui personaggi (ma c’è anche un passaggio sul tema degli ambienti), confermando la sostanza principale della “Commedia” che è un racconto d’incontri. Ai personaggi viene data voce singolarmente oppure vengono presentati assieme in un “contrasto” -e interviene allora anche Dante stesso che è in fondo un personaggio della sua opera, anzi il protagonista. Spicca la presenza di due capitoli iniziali dedicati agli uomini e alle donne, con la proposta di un divertente macro-contrasto tra femmine e maschi, in cui a rimetterci è sempre e comunque il povero Dante.
Infine un’annotazione sulla lingua in cui queste poesie sono scritte. Si tratta infatti di un toscano moderno, come quello che si sente da quelle parti e probabilmente nella sfumatura della costa, della zona di Piombino, luogo di nascita dell’autrice stessa (ma non saprei dirlo con precisione, non conoscendo le varietà della parlata toscana). Questo è insomma un libro scritto in tutto e per tutto in volgare, anzi in neo-volgare, come si suole talvolta definire oggi il dialetto. Il che dà alla lettura un colore divertente e sanguigno, come avviene per effetto della vicinanza con l’oralità, costantemente cercata da Cinzia Demi nonostante l’uso convinto di una metrica sodale con quella dantesca e del buon orecchio musicale, sciolto e ritmico dell’autrice stessa. E, infine, si potrebbe considerare anche questa lingua una citazione dantesca. Così come a noi i testi di questo libro paiono vivi e toscanamente robusti, ironici e simpatici, pungenti e bruschi, la stessa aria dovevano avere i canti di Dante per quel popolo che tanto lo ama e l’ha amato, mandandone a memoria tanti versi per tanti secoli.
Gianfranco Lauretano
2 commenti:
Grazie. Io comunque sono sposata da 1 anno e mezzo e in progetto ci sono tanti bambini, per cui, è l'idea di un futuro migliore per loro che mi dà tanta forza...
In quanto alla tua domanda circa cosa salverà il mondo tra poesia e tecnologia, io la mia risposta ce l'avrei. Sia "poesia" che "tecnologia" derivano da una capacità di creare, che deriva a sua volta da una forte sensibilità percettiva che aumenta le risorse interiori e quando queste si esprimono in creatività possono farlo in tantissimi modi, a volte anche contemporaneamente e poesia e tecnologia sono espressioni creative, tuttavia né l'una né l'altra possono cambiare il mondo se prese singolarmente e separate dalle intenzioni di chi le possiede.
Astrid Sciuto
Ciao Cinzia,
che spettacolo la tua passione per la poesia, per il teatro..ho letto anche che hai una figlia, cosa che ci accomuna anche se mio figlio ha solo 4 anni!
E' bello reinventarsi e non essere SOLO mamme/mogli ma trovare il tempo per coltivare le proprie passioni e tirare fuori le emozioni, trasformarle!
Complimenti
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